26.5.09

Il numero 3



E' da molto che non scrivo di sport.

Avrei voluto parlare dell'ultimo record della Pellegrini, dell'impresa di Tania Cagnotto agli europei di tuffi, avevo già in mente titolo e schema del post, ma la pigrizia e le tante cose da fare nella vita reale mi hanno impedito di mettermi alla tastiera a buttar giù qualcosa.

Però stamattina sono andata al bar a fare colazione -come ormai da tradizione il giorno dopo un esame se non ho tirocinio- , e ho letto qualche giornale.

Ho letto che Paolo Maldini disputerà la sua ultima partita a Firenze, dove sembra lo accoglieranno con alcuni striscioni per lui, dove forse riuscirà a fare il giro d'onore, dato che i buzzurri milanisti non gliel'hanno permesso.

La mia passione per il calcio non l'ho mai raccontata, ma è iniziata a tre anni e qualcosa, quando ho visto in tv una squadra di calcio, c'era uno nero con le treccine, uno quasi nero con i ricciolini ma i capelli più corti, uno che stava cominciando a perdere i capelli magrolino in difesa e uno che era giovane, sempre in difesa, col numero 3. Ho chiesto a mio papà chi fossero e come funzionava, e mi ha detto che erano Gullit, Rijkard, Baresi e Maldini, e che giocavano in una squadra che si chiamava Milan. Ho deciso che avrei tifato per quella squadra. E ho cominciato a litigare coi miei amichetti dell'asilo che dicevano di tifare juve. (Perchè ce l'avevano con me che tifavo milan l'ho capito anni dopo).

Poi è successo che nel '94 ero coi miei in Francia, ho saputo che l'Italia era in finale nei mondiali contro il Brasile, e siccome avevo già visto in tv la finale dei mondiali di pallavolo volevo vedere anche quella di calcio. Mio papà non era per niente appassionato, ma mi ha portato in un bar a vedere la partita. Eravamo nel centro della Francia, ma se dovessi immaginare un "peggiore bar di Caracas" sarebbe esattamente come quello, coi tavoli da biliardo sgualciti, bicchieri rotti sopra, odore di alcol, nebbia da fumo e gente ubriaca che urla. Per la gioia di mio papà.

Lì in quella partita giocava Maldini. Mio papà mi ha spiegato che era giovane ma era molto bravo, effettivamente tutti lo consideravano già un'entità degna di grande rispetto, IL numero 3. Ho pensato che essere giovani e giocare in nazionale per il proprio paese era una cosa magnifica e grandiosa. L'Italia ha perso, e mi ricordo che mi è partita una lacrima quando ho visto Maldini a capo chino e Baresi piangere abbracciato a Sacchi.

Quando i miei amici delle elementari attaccavano bottone con la storia delle squadre rivali io se ero stufa di discutere dicevo "si ma lì gioca Maldini", e la piccola e inutile querelle si fermava lì, perchè nessuno osava ribattere.

Il primo album di figurine Panini me l'ha regalato mio nonno, con qualche busta annessa, io ne ho comprate delle altre, volevo la figurina di Maldini, questo campione che faceva quei numeri in difesa, che correva per tutto il campo avanti e indietro sulla sua fascia, che era sempre concentrato ed era pure bello!! La stessa mattina -era giovedì, e a Mantova c'era il mercato- mio nonno mi ha regalato la maglietta di Maldini, col numero 3 dietro, ce l'ho ancora. Mi ero informata per prenderla originale, ma costava troppo e poi non aveva dietro il numero, ma io volevo proprio la sua, non una maglietta del milan a caso, io volevo quella col numero 3.

Insomma, se mi sono appassionata al calcio è stato anche grazie a questo campione silenzioso, schivo, uno dei pochi di cui non si sa molto della sua vita privata, uno di quelli che non fa dell'eccesso la sua ragione di vita. Uno misurato, che quando esulta per uno dei pochi gol che può fare essendo terzino lo fa per la sua squadra, non con quelle mossettine odiose autocelebrative. Uno che onora la sua professione, che sembra conscio del fatto che è fortunato a poter fare quel lavoro e quella vita, uno che sembra conoscere il significato della parola responsabilità.

Ho smesso di appassionarmi al calcio già prima di calciopoli, quando tutto il resto aveva preso il sopravvento, quando Maldini era diventato una delle poche eccezioni, quando i numeri delle maglie non contavano più niente, quando le società hanno cambiato troppe regole, quando si cominciava a discutere con tutto e con tutti per dei fuorigioco del cavolo, quando i giocatori sono diventati merce preziosa da scambiare a suon di miliardi, come io del resto facevo con tanta passione e ingenuità con le figurine.

Ma Maldini -nonostante la società in cui gioca che al momento non mi piace per niente- per me è e rimarrà un esempio, un uomo da cui imparare, e devo dire che sono anche un pò commossa al pensiero che non lo vedrò più in campo (anche se ultimamente praticamente non guardo mai le partite), al pensiero di non sentir più dire "Maldini" dai commentatori/giornalisti.

Che dire, forse le eccezioni che confermano la regola esistono. E magari hanno il numero 3.
Continua...