2.8.08

Diario di bordo (1)



Ho controllato che ci sia tutto nella valigia? Sì, penso di si, partiamo.
Emozionante salpare, togliere le cime della barca, i parabordi, accendere il motore e salutare il porto. E' appena passato il tramonto, il cielo però è ancora tinto di rosa, rosso, arancione e altre sfumature, si vedono chilometri e chilometri di luci sulla costa e stanno partendo anche le barche dei pescatori, pronti per lavorare come tutte le notti.
Man mano che ci allontaniamo dalla costa si scorgono sempre più stelle nel cielo, peccato che non abbia la carta per riconoscere qualche costellazione in più, però è magico. Le luci perdono la loro intensità, c'è sempre più buio e più silenzio, si sente solo il fruscio periodico delle ondine, comunque il mare è calmo. Vorrei rimanere sveglia tutta la notte per vedere solo mare intorno a me, per essere circondata da orizzonti e per avvicinarmi al buio assoluto (comunque impossibile dati i "fanali" della barca a vela, Nakupende. Che vuol dire ti amo in dialetto swahili). Dopo due tre ore però non ce la facciamo più, andiamo a letto in cabina, chiedo ai due "capitani" di svegliarmi per l'alba, è un'occasione da non perdere. Mannaggia non ho portato fogli bianchi e biro per annotare il diario di bordo, che sbadata...
Alle quattro e mezza la nausea: salgo, mi dicono che sta per iniziare l'alba, io dico bene, dov'è che si può vomitare? Lì, sottovento. Perfetto. Maledetto mal di mare. Penso che in fondo non avere i fogli per scrivere non è un danno così grande, se non guardo un punto fisso non sto proprio bene, scrivere e leggere potrebbero risultare attività problematiche. Il primo giorno non è proprio splendido, però arriviamo in una baietta e tocco la terra ferma. Sollievo. Siamo a Bozava, vicino a Zut, in Croazia.
La vita sulla barca a vela è abbastanza sportiva, poco spazio procapite ma molto spazio intorno a se, vita parsimoniosa per le risorse d'acqua ed elettriche, rispetto.
Vedo l'ennesimo orizzonte, e penso che l'orizzonte non si può mai raggiungere, per noi è un non-luogo, e questo fa capire che è inutile cercare l'impossibile. La meta nella vita deve essere reale.
Arriviamo al marina, una specie di campeggio portuale, cioè una banchina a cui attraccare la barca con gli allacciamenti per elettricità e i bagni.
Che dentice ragazzi, non l'avevo mai assaggiato ma è qualcosa di fenomenale, qui la vacanza comincia ad andare meglio, si riparte! Mi riferiscono che il vino non è niente di che, e si vede, fa subito effetto sulle compagne di viaggio, comincia la risarola! Che bello, facciamo una passeggiatina sul lungomare e torniamo in barca, la vita è molto tranquilla ed è inutile fare le ore piccole, qui.
Così ci addormentiamo e la seconda notte fila liscia.
Il giorno dopo partiamo ancora, praticamente ogni giorno si naviga un pò per arrivare in una baietta in cui gettare l'ancora e fare il bagno, e nel pomeriggio o si cerca un'altra baia dove passare la notte o si naviga ancora verso il marina successivo.
Ascolto la musica dal mio ipod, e noto che quella che s'intona meglio con l'atmosfera marina è la country, blues e folk; Creuza de ma di De Andrè acquista ancora più significato, fantastico, si sta proprio bene. Gli unici rumori udibili sono il fruscio delle onde e del vento e lo scricchiolio della barca, per il resto è il silenzio.

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