Lettera di un immigrato: cara madre, mi manchi
Pubblico quindi una lettera di un immigrato alla madre, scritta da doxaliber su Mentecritica. Giusto per ricordare (in modo sublime) che ragionare sempre con due pesi e due misure è totalmente fuorviante.
Cara madre, perdonami se dalla mia partenza non ho più avuto modo di contattarti, come sai io non so scrivere, per questo mi sto facendo aiutare da un amico che, non ci crederai, abitava proprio in un villaggio vicino al nostro ed è partito insieme a me, per qualche strano paradosso non l’ho mai incontrato, se non una volta giunto qui. Lui è uno nobile, ma se c’è una cosa che ho imparato subito dopo la mia partenza è proprio che le caste per noi emigranti non esistono, per gli abitanti di questo paese siamo tutti uguali. Il viaggio è stato lungo e difficile, posso assicurarti che dal nostro villaggio fino al mare il percorso è stato davvero lungo e faticoso, per fortuna l’abito buono e le scarpe le avevo messe in saccoccia, così non si sono rovinate.
Ti dicevo del viaggio, quello via terra è stato duro, ma ancora peggiore è stata la navigazione. L’imbarcazione era piena, eravamo tutti ammassati: uomini, donne, bambini. Per passare il tempo alcuni intonavano i canti della nostra assolata ed arida terra, ma la maggior parte temeva di finire i suoi ultimi giorni nel fondo degli abissi, qualcuno diceva che era già successo in passato. Abbiamo trovato burrasca, molti hanno iniziato a pregare, altri urlavano che gli spiriti maligni avevano maledetto quella nave e tutti quelli che c’erano dentro.
Una maga ha officiato dei riti purificatori, nonostante tutto alcuni di noi presi dal panico volevano scappare all’aperto, ma uomini armati ci hanno trattenuto nelle stive.Ho avuto paura, poi il tempo è migliorato e d’improvviso dentro di me ho sentito una gran malinconia; tu lo sai madre, se avessi potuto rimanere lo avrei fatto. Ma la guerra a volte ti colpisce anche quando fai di tutto per evitarla, in questo triste mondo ti ero rimasto solo io, ma tu hai preferito piangere la mia lontananza piuttosto che la mia perdita
Avrei tanto voluto portarti con me, nella terra dei sogni, dove c’è il lavoro, dove c’è ricchezza, dove non c’è la guerra, dove i campi si arano con potenti macchine e gli uomini non si ammazzano per un po’ d’acqua. Ma ora che sono qui sono contento che tu non sia venuta. Non voglio mentirti madre, temo di essere sbarcato nella terra sbagliata, qui le strade sono piene di insegne luccicanti e musica, ma in realtà tutto è duro, difficile, violento.
Appena siamo arrivati ci hanno fatto sedere a terra, poi ci hanno chiesto i documenti (molti di noi non li avevano e sono stati duramente interrogati), uomini armati si sono piazzati davanti a noi, ci controllavano per evitare che qualcuno di noi tentasse la fuga. Poi ci hanno fatto alzare e, uno ad uno, ci hanno sottoposto a delle visite mediche. Alcuni di noi sono rimasti nella stanza del dottore troppo a lungo, erano debilitati, ed è stato come se dentro di me sentissi che alcune di queste persone in realtà quell’infermeria non l’avrebbero mai più abbandonata. Nei miei incubi sento ancora le loro voci. Per giorni sono stato chiuso in questo centro di permanenza su un isolotto in mezzo all’acqua.
Poi insieme ad un amico siamo riusciti a fuggire. Forse ho sbagliato, da allora mi sento braccato. Ho trovato un impiego, ma il lavoro è difficile e pesante, di certo non meno pesante del lavoro con il quale mi spezzavo la schiena nell’amata terra mia, terra di cui mi manca ogni cosa: i colori, gli odori, i sapori, ma soprattutto tu, cara madre. Il suolo arido della mia cara terra, la fatica delle lunghe passeggiate verso il pozzo con i carichi d’acqua che servivano per dissetare tutta la comunità. Nella città in cui ora mi trovo faccio il muratore, carico “pezzi” sulle spalle dalla mattina alla sera, ma non tutti i giorni. La mattina aspetto assieme agli altri vicino al cantiere, se sono fortunato lavoro, altrimenti devo sperare nel giorno dopo. Non posso lamentarmi per come ci trattano, qui vivo nascosto, se ti lamenti quelli chiamano la polizia e ti fanno arrestare. La notte la passo in un dormitorio insieme ad altri connazionali e a cittadini di altre terre lontane.
La gente del posto è vestita bene, pulita, elegante, ma ci guarda con diffidenza e disprezzo. Non vive negli stessi posti dove abitiamo noi, anzi, quei posti li evita. L’amico a cui sto dettando questa lettera, uno colto, mi ha fatto vedere un giornale, mi ha detto che per i cittadini di questa nazione siamo tutti stranieri, ma alcuni di noi sono peggio degli altri. Noi siamo tra quelli peggio. Dicono che la mia gente insulta le donne, le tratta male, le picchia e le uccide, dicono che siamo negroidi con poco cervello, che se la nostra terra è così è perché ce lo meritiamo. Il mio datore di lavoro lancia epiteti contro quelli come noi, lo fa ridendo, crede di essere simpatico, ed infatti tra di loro ridono. Gli insulti sono le prime cose che ho appreso di questa lingua così strana e difficile. Eppure madre tu mi hai insegnato a rispettare le donne, ad amare colei che a mia volta sarà la madre dei miei bambini, allora perché questi uomini ci ritengono così brutali ed arretrati?
Perché ci giudicano con tanta superficialità? Si, c’è violenza nel nostro paese, molti dei nostri connazionali sono delinquenti ed hanno provocato molti morti, ma non siamo tutti uguali. Io vivo nella paura, temo il futuro, la mia terra mi ha rifiutato, la terra dei miei sogni anche, ed ora mi sento figlio di nessuno. A volte penso che sarebbe più semplice se facessi anch’io il delinquente, tu mi hai insegnato a vivere onestamente, eppure madre la fame, che pure conosco da quando sono nato, si fa sentire sempre più forte. Sono solo, e se non fosse per tutte le altre persone come me, con le quali mi consolo e trovo conforto, sarei già impazzito. Le cose non cambiano, nella nostra terra alcuni nostri connazionali dediti alla delinquenza ed al malaffare ci maltrattavano, ci sfruttavano, spesso ci uccidevano.
La crudeltà mi ha costretto alla fuga, la crudeltà mi costringe ora a vivere da reietto. Perché ora quegli stessi connazionali li ritrovo qui, dediti alla delinquenza, intenti a fare del male al prossimo, ma soprattutto a noi, ed anche qui, come nella mia terra, nessuno ci tutela e ci protegge. Siamo alla mercè della polizia, dei nostri connazionali delinquenti, del razzismo della gente. Mamma, il nostro popolo dev’essere maledetto, forse gli spiriti maligni ci hanno fatto il malocchio, ma non preoccuparti, la mia tempra è dura, ce la farò, anche se è davvero difficile essere un emigrato italiano in questo nuovo mondo. Una cosa ti prometto, se il signore vorrà concedermi questa grazia, a mio figlio insegnerò il rispetto e l’amore per il prossimo, chiunque esso sia, proprio come tu e nostro signore mi avete insegnato. Che Dio ti protegga.
Con amore,
Peppino Spadaro
Note:
La carenza d’acqua nel dopoguerra era un problema gravissimo in alcune zone dell’Italia, in Puglia è stato parzialmente risolto solo con la costruzione dell’Acquedotto Pugliese, alcune zone sono state raggiunte dalla rete idrica soltanto nel dopoguerra;
Questo articolo in lingua inglese, che nel titolo utilizza anche la parola italiana “creduloni” ci ricorda che ancora oggi circa 7/8 milioni di italiani visitano ogni anno dei maghi, di questi il 60% è donna e non ha mai finito le scuole superiori.
L’isola in mezzo al mare è Ellis Island;
All’epiteto «dago» riferito agli italiani in generale (forse dal nome spagnolo Diego o più probabilmente da dagger = accoltellatore) veniva loro in più anteposto l’aggettivo «black» (nero) per rimarcare la loro presunta «negritudine». In Louisiana prima della seconda guerra mondiale, anche se nati in America non potevano frequentare le scuole per i soli bianchi ed erano perciò obbligati a frequentare le scuole dei neri. In Alabama erano formalmente soggetti alle leggi anti-miscegenation. La loro paga era generalmente inferiore a quella degli stessi neri, inoltre erano spesso minacciati dal Ku Klux Klan e linciati per futili motivi: documenti locali affermano che gli «italiani» furono il gruppo più numeroso di vittime di linciaggio dopo i neri (e secondo quanto riportarono alcune fonti dell’epoca, furono il 90% di tutti i linciati che immigravano dall’Europa. Fonte
Vanzetti, poi ingiustamente condannato a morte insieme a Sacco dopo un processo farsa, così descrisse il suo ingresso negli Stati Uniti: “Al centro immigrazione, ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per alleggerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America”. E in seguito scrisse: “Dove potevo andare? Cosa potevo fare? Quella era la Terra promessa. Il treno della sopraelevata passava sferragliando e non rispondeva niente. Le automobili e i tram passavano oltre senza badare a me”.
Ecco alcuni degli epiteti affibiati agli italiani emigrati
Vietato l’ingresso
Abitazione in Veneto, 1930 circa.
Fonti: L’orda di Gian Antonio Stella e Passi di emigrante e la solita Wikipedia
4 comments:
Ciao Saretta. Post molto complesso e d'attualità nonostante sia riferito ad un emigrante italiano. I concetti con cui mi piace commentare questo tuo post sono molti, cerco di metterli in ordine il più compiutamente possibile.
- Luoghi comuni. I luoghi comuni sono costruiti ed utilizzati per coloro che si limitano (come tutti ben sappiamo) ad un'osservazione superficiale delle cose. Costoro non discutono il merito, spesso non lo conoscono, in compenso parlano e giudicano. Limitati (per me) che non arrecano alcuna utilità concettuale e per i quali mi scopro tremendamente intollerante e classista.
- La lettera è articolata e ti giuro che la parziale aderenza di "qualche" decennio fa con l'immigrazione odierna è spaventosa. Detto questo mentre scorrevo le prime righe ho rischiato di trovare il tutto stucchevole e tremendamente retorico. Lo sai, sono sempre sincero, con la massima stima e apprezzamento verso le tue validissime idee. Non mi nego a dire sempre la mia criticando spesso anche quel che posto io. Per la serie: uno che non si lascia mai in pace :). Poi a fine lettera leggo che il migrante è italiano, ma la mia impressione sul contenuto non cambia. La realtà dell'immigrazione è quella/questa ma portare come sostrato (anche labilissimo) il tema: italiani ex popolo di migranti, è cosa per me sbagliata. Trovo che un raffronto tra la nostra immigrazione e l'immigrazione odierna e da noi subita è del tutto improponibile per momenti storici diversi, necessità economiche diverse, riconoscimento o meno di diritti un tempo inesistenti,complessità sociale diversa, mercato del lavoro diverso,conoscenze diverse, malattie diverse, mondo diverso e via dicendo. Oggi non a caso e per fortuna i barconi vengono salvati dalle autorità, i malati li assistiamo a spese nostre, in passato molti italiani se raffreddati venivano gettati in mare o rispediti nel Bel Paese (un mio lontanissimo parente emigrato in USA legalmente con un viaggio ufficialmente organizzato alla luce del sole). Poi ecco, una differenza non proprio sottile: quanti viaggi all'epoca erano organizzati ufficialmente da cittadini o compagnie americane/altri sotto il paracadute governativo? Un mare,molti, e questo perchè nel lontano ovest necessitavano di manodopera per il boom. Oggi ufficialmente e legalmente non c'è o ci dovrebbe essere alcun cittadino italiano che organizza immigrazione tanto più col paracadute statale. Paracadute che c'è in altri ambiti e nel momento in cui uno stato sovrano non agisce per contrastare l'illegalità a 360° che copre queste traversate e quindi anche coloro che speculano con questi diavolo di gommoni e quant'altro. Ma è una questione diversa perchè poggia su un piano diverso, credo.:)))
Ho sentito anche molti (anche qui, luoghi comuni dire) altri dire che noi abbiamo esportato la mafia con l'immigrazione. tanta gente di sinistra si è coperta per anni dietro questo fardello giustificando ciò come una pena da pagare per il nostro paese con l'attuale immigrazione subita. Ma mi domando: per esportare la mafia occorreva l'immigrazione? Obsoleti. Oggi noi vantiamo picchi di eccellenza territoriale della mafia russa e cinese. Qualche cinese nelle metropoli lo vedo, ma i russi? Se questo è il punto si ha anche un'idea sbagliata di criminalità organizzata.
- Premesso tutto ciò in Italia c'è un enorme problema sicurezza. Lo stato ha latitato e flirtato (ecco la partecipazione indiretta e quindi la responsabilità diretta) per anni sull'uso strumentale degli immigrati e con politiche nulle. Ora non credo che tutta questa situazione verrà risolta dal governo Berlusconi e dai leghisti con interventi contingenti e a volte poco poco lucidi.
- I tg parlano di quel che vogliono indirizzando la costruzione delle opinioni in modo devastante ma, fermo restando ciò, in Italia c'è e rimane un problema immigrazione legato al problema sicurezza. Chi brucia i campi rom per volontà camorristica o meno va perseguito a norma di legge, ma è anche sbagliato strumentalizzare perchè io ritengo ciò un'isola altamente infelice. E qui torno al caro vecchio pensiero di Luca: sono intollerante, fortemente intollerante verso chi delinque. Marocchino, arabo, persiano, ITALIANO, angolassone, giapponese, finnico o sudanese. Chi sbaglia deve pagare con serietà, con proporzionalità, nel rispetto dei diritti fondamentali dell'individuo, ma senza sconti e con modalità e/o periodi di dentenzione certi e non irrisori.
- Certezza della pena senza altre norme, senza un diritto penale falsamente avanzato che in realtà è solo burocratizzato.
- In tal senso, certo, un paese entro certi limiti deve favorire l'immigrazione e senza scelta preventiva/qualitativa (come propugnava, scioccando, il compagno Fassino), ma all'immigrato come all'italiano lo stato deve garantire opportunità (possibilmente le stesse a tutti). Dall'altra parte il migrante o il cittadino deve rispondere con una condivisione di valori costituzionali, con lavoro e residenza/domicilio, altrimenti se non risulta reperibile con prescrizioni costituzionali non può soggiornare/dimorare in questo paese con costanza e continuitià (legalmente).
- In Albanaia, in Romania se vieni sbattuto in carcere subisci pene corporali oltre a quella detentiva. Qui ci scandalizziamo dei CPT e di molto molto altro che rispetto alle prigioni dell'est la vecchia Asinara è un albergo a 5 stelle plus. Parlavo sabato scorso con un immigrato albanese regolare che lavora nell'edilizia. Commentavamo in macchina un italiano che faceva inversione a U su doppia striscia in curva bloccando tutto il traffico. Le sue parole: "In Italia lo stato non esiste, le regole è come se non ci fossero e quindi nessuno le rispetta, in Albania non è così. E ha aggiunto (testuale):"se quello attraversa da noi, no più patente". Quindi dobbiamo mettere bene a fuoco i problemi e risolverli con fermezza, umanità e nel rispetto dell'individuo. Post interessante come pochi e l'avrai capito dall'attenzione del mio commento. Il tema mi piace moltissimo e ti ringrazio per avermi dato l'opportunità di parlarne. Ti abbraccio e complimenti ancora per la tematica non facile che hai scelto. Io sul mio non ho coraggio di parlarne per non espormi, ho bilanciato qui. Bacio, Luca
Bel post Sara.
Mi trovo spesso anch'io nelle tue condizioni...e la mia rabbia, grandissima e' che gente, colleghi, che ritengo assolutamente intelligente e arguti, non vedano al di la' del proprio naso.
Le stesse limitazioni le trovo in altre decine di argomenti.. come il nucleare (e vabbè tanto a dieci chilometri dal confine siamo pieni), sulla spazzatura a Napoli (e se non vogliono bruciarla cosa facciamo)... ecc ecc.
Questo mi sta portando ad un livello di misoginia mooolto pericolosa.
Un abbraccio, Beppe
Ciao Luca, che commento articolato!
Allora, andiamo per punti.
Innanzitutto l'inizio forse è un pò scontato, però l'importante è il messaggio che lancia il post, che non è affatto smielenso o appiccicaticcio. Anch'io sono intollerante con quelli che come benzina per il cervello utilizzano i luoghi comuni, però sta di fatto che chi non si limita a quelli è in minoranza...Il che mi rende ancora più incazzata.
Poi, invece, per quanto riguarda il confronto passato/presente, trovo sia limitante vedere le differenze pratiche e le differenze di diritti. Allora i diritti da conquistare per essere al pari della popolazione erano altri, adesso sono diritto a una paga equa, diritto di vivere in case decenti...I diritti da conquistare dipendono dall'epoca. Oggi per dirti dobbiamo conquistare la pensione, nel 1600 si lavorava tutti i giorni tutto il giorno e guai a chi fiatava. Il concetto è che l'emarginazione è sempre quella, è sempre basata su pregiudizi. Uno dei miei amici con cui ho discusso mi ha detto "gli americani hanno cambiato opinione perchè gli italiani hanno fatto del bene". Ma non è che abbiano cominciato a fare del bene dopo molto tempo che erano arrivati, è che gli americani non erano semplicemente in grado di considerarne le potenzialità, perchè concentrati sulle diversità.
E' questo l'unico parallelismo che si deve fare, che esclude qualsiasi discorso sulle diversità del mercato del lavoro ecc..
Alla base, in qualsiasi epoca, c'è sempre la paura dell'altro, fomentata da governi che non fanno niente per arginare il problema, perchè in fondo a loro fanno più comodo queste discussioni sterili tra cittadini poveri e meno poveri piuttosto che i pensieri a problemi statali causati proprio da chi invece dovrebbe risolverli. Di fatto è sempre un distogliere il popolo dai problemi veri che lo affliggono. Perchè se invece di discutere col governo per la propria povertà e per ottenere una vita più decorosa ce la si prende con chi è più povero non solo non migliorano le cose, ma si sprecano energie inutili.
Per quanto riguarda poi la sicurezza, è vero che in parte c'è il problema, ma è molto montato dalla tv e dai giornali, perchè io giro per bologna la sera e l'unico problema sono i punkabbestia, quegli idioti ricchi che prendono l'elemosina e fondamentamentalmente si drogano da mattina a sera. Fatti loro si potrebbe dire...Sarei d'accordo, se non fosse che vomitano e fanno gli altri bisogni in strada, se non fosse che barcollano sotto i portici. E per arginare il problema basterebbe che la polizia (che ha le jeep esattamente davanti a dove c'è la concentrazione maggiore di sti idioti) usasse i suoi poteri, cioè facesse rispettare le regole.
Noi non abbiamo più il senso della regola, del dovere, del servizio per lo stato. Non si può pretendere onestà da chi viene nel nostro paese se noi per primi siamo disonesti.
Per quanto riguarda i CPT sono aberranti, sono l'inciviltà legalizzata. Di fatto sono centri di detenzione. Temporanea perchè i "permanenti" vengono ingaggiati dai caporali, che direi che sono italiani.
Le pene corporali poi non sono per niente giuste e civili, anche i paesi dell'est sono arretrati.
Un'ultima cosa: anch'io sono d'accordo che chi brucia i campi rom vada perseguito, ma la questione è stata strumentalizzata dai politici che hanno taciuto. Per me dire che è aberrante (anche non bruciare i campi rom, ma fare le retate notturne) non è strumentalizzare, è semplicemente dire la verità.
Insomma, fino a quando non risolveremo i nostri problemi perchè ci fa comodo così, non lamentiamoci se gli immigrati si incastrano perfettamente nell'ingranaggio dell'illegalità.
@ beppone: sono totalmente d'accordo con te, aiuto! Il fatto è che l'intelligenza intesa come QI non è un antidoto a questi discorsi fuorvianti, e questo sinceramente mi spaventa.
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